Le novità per i contratti a tempo determinato: l'intervento di Eufranio Massi

 
 

Dal 25 luglio, per effetto dell’art. 41-bis della legge n. 106/2021 che ha convertito, con modificazioni, il D.L. n. 73, qualcosa torna a muoversi nella disciplina dei contratti a tempo determinato. Infatti, per effetto di due emendamenti, tra loro non correlati, alcune novità sono state introdotte nella normativa sui contratti a termine che riguarda, ovviamente, anche la somministrazione.

Si tratta di disposizioni che non hanno un impatto immediato, in quanto presuppongono un intervento della contrattazione collettiva e che, probabilmente, non vanno nel verso auspicato da molti addetti ai lavori ai quali ricordo, comunque, che per effetto dell’art. 17 del D.L. n. 41/2021, fino alla fine dell’anno sono stati azzerati i precedenti rinnovi e proroghe senza condizioni antecedenti il 23 marzo u.s. e che, quindi, i datori di lavoro possono prorogare o rinnovare un contratto una sola volta, per un massimo di 12 mesi, all’interno dei 24 complessivi, senza l’apposizione di alcuna causale.


Ma, quali sono le novità introdotte?

Esse sono contenute nell’art. 41-bis ove alle causali legali, già previste dal comma 1 dell’art. 19 del D.L.vo n. 81/2015 ne sono state aggiunte altre che fanno riferimento (lettera b-bis) a “specifiche esigenze previste dai contratti collettivi di cui all’art. 51”. 
Ma questa non è la sola cosa nuova in quanto il Legislatore, dopo il comma 1, ha introdotto il comma 1.1.  il quale recita “Il termine di durata superiore a 12 mesi, ma, comunque, non eccedente i 24, può essere apposto ai contratti di lavoro subordinato qualora si verifichino specifiche esigenze previste dai contratti collettivi di lavoro di cui all’art. 51, ai sensi della lettera b-bis) del medesimo comma 1, fino al 30 settembre 2022”.

Si tratta di due disposizioni che operano su due livelli diversi: la prima introduce accanto alle causali legali, con la stessa dignità, quelle individuate dalla contrattazione collettiva, anche aziendale (purchè espressione delle organizzazioni comparativamente più rappresentative come ricorda l’art. 51), per “specifiche esigenze” individuate dalle parti sociali. “Specifiche esigenze” sta a significare che l’accordo di riferimento non potrà limitarsi a parlare di causali legate alla esigenze di natura organizzativa, tecnica o produttiva, noma dovrà declinarle nello specifico, in quanto, in caso di contenzioso (ed il pensiero corre a ciò che accadde negli anni passati dopo il D.L.vo n. 368/2001), la mancata specifica esigenza comporterebbe, necessariamente, la conversione del rapporto a tempo indeterminato.

Per la piena attuazione della disposizione ci vorrà del tempo in quanto tutti noi sappiamo come, sovente, la contrattazione collettiva non sia particolarmente veloce ad raggiungere accordi che hanno riflessi gestionali sulla vita delle imprese.

Di conseguenza, ogni giudizio, su questa disposizione, almeno nel breve periodo, non può che restare sospeso.

 

Passo, ora, ad esaminare, brevemente, la seconda novità.

Con tale norma, stando almeno ai resoconti parlamentari, in un momento di grande incertezza che, sconsiglia per una serie di motivi, le assunzioni a tempo indeterminato, si intende favorire, una occupazione a termine di una certa durata (almeno 12 mesi ed un giorno), che si può definire a “durata minima garantita”.

Diversi sono, a mio avviso, i problemi interpretativi che si pongono ed è auspicabile che giungano, celermente, indicazioni amministrative da parte del Ministero del Lavoro. 

Provo ad elencarli senza alcuna pretesa di esaustività:

 
  1. Il datore di lavoro può rinnovare un contratto a termine per un lavoratore già assunto in precedenza? La risposta è positiva e il rinnovo potrà riguardare anche mansioni e categoria diverse rispetto al precedente contratto, non risultando, dal dettato normativo, alcuna limitazione. Ovviamente, tale rapporto per “specifiche esigenze” previste dalla contrattazione collettiva dovrà avere una durata superiore ai 12 mesi, nel rispetto dei 24 complessivi se riguarderà mansioni di pari livello della categoria legale di inquadramento. Se esse saranno del tutto diverse (ad esempio, un contratto per una categoria diversa), non si avrà la sommatoria con il precedente rapporto; 
  2. Il datore di lavoro può prorogare un contratto stipulato per “specifiche esigenze” previste dalla contrattazione collettiva e che deve avere una durata superiore ai 12 mesi? Anche qui la risposta è positiva, ovviamente, previo consenso, anche per “facta concludentia”, dell’interessato;
  3. E’ possibile rinnovare il contratto a tempo determinato previsto dal comma 1.1 dell’art. 19? A mio avviso, si tratta di una ipotesi più teorica che pratica, in quanto prima occorre attendere che l’autonomia collettiva “partorisca” un contratto con le “specifiche esigenze” (e passeranno diverso tempo), poi il contratto (quasi sicuramente, saremo andati oltre il 30 settembre 2021) dovrà avere una durata superiore a 12 mesi e quando scadrà (prescindendo dallo “stop and go” che dovrà essere di 20 giorni di calendario, trattandosi di un contratto a tempo determinato superiore a 6 mesi) si sarà ben oltre il 30 settembre 2022. Quindi, sostanzialmente, la proroga appare, di fatto, impossibile;
  4. Come va inteso il termine del 30 settembre 2022? Esso si intende quale ultimo giorno per la stipula, seguendo le indicazioni già fornite, per casi simili, dalla nota n. 713 del 16 settembre 2020, dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, e non come ultimo giorno di vigenza della disposizione. Ciò significa che un contratto potrà iniziare in tale data (con comunicazione ai servizi telematici dell’impiego, almeno nel giorno precedente) ed esplicare i propri effetti nel periodo successivo. Ovviamente, nella lettera di assunzione occorrerà inserire tutti i riferimenti che, normalmente, si mettono per tutti i rapporti a termine, ivi compreso quello relativo al diritto di precedenza ex art. 24 del D.L.vo n. 81/2015 che, se non richiamato, può portare ad un provvedimento di disposizione da parte degli ispettori del lavoro sulla base della previsione inserita nell’art 14 del D.L.vo n. 124/2004;
  5. Sono previste regole particolari di conversione del rapporto a tempo indeterminato, nel caso in cui, in sede di contenzioso, il giudice non ravvisi l’esistenza delle specifiche esigenze dettate dalla contrattazione collettiva? La norma non prevede un regime particolare, sicchè ritengo che trovino applicazione le disposizioni che, in via generale, considerano il rapporto a tempo indeterminato sin dall’inizio.
 

In conclusione, credo che le disposizioni appena innovate, non soddisfino, completamente, chi sperava in un maggior allentamento delle rigidità introdotte con il c.d. “Decreto Dignità”. Le c.d. “causali legali” restano ma, accanto a loro, nascono quelle individuate dai contratti ed accordi collettivi che necessiteranno, ovviamente, di tempo per la stipula. Ma una volta sottoscritti, nel primo periodo (ossia fino al 30 settembre 2022) potranno essere utilizzate, unicamente, per “contratti di qualità”, di durata superiore all’anno, il cui scopo è quello di assicurare un minimo di stabilità a tali rapporti.

 

Bologna, 25 luglio 2021

Eufranio Massi