I Senior nelle aziende sono davvero i più saggi?

Come la tecnologia cambia i paradigmi dell’apprendimento organizzativo

 
 

Diventando adulti di solito si diventa più saggi, si raggiunge una determinata esperienza. 
Ma è ancora così oggi? Non del tutto. Nello scenario aziendale attuale tre diverse generazioni lavorano gomito a gomito: i baby boomers (nati tra il 1946 e il 1960), gli X (nati tra il 1960 e il 1980), i millennials (nati tra il 1980 e il 2000) e a queste, ben presto, se ne aggiungerà una quarta, la generazione dei digital native (nati dopo il 2000). 

In questa convivenza plurigenerazionale occorre riflettere sul ponte che si può costruire per trarre valore dalle reciproche differenze in un’ottica non solo di sopravvivenza, ma anche di crescita e di sviluppo.
Con il sapere a portata di click, la figura del Saggio entra a contatto con i nuovi millennials: se i Senior hanno dalla loro parte l’esperienza, i millennials e le generazioni successive su alcuni temi, quelli tecnologici in primis, hanno molto da dire e da insegnare.

Il paradigma tradizionale di passaggio di conoscenza che va da senior a junior viene oggi messo in discussione dall’innata attitudine digitale dei junior, la quale porta a considerare che anche essi stessi possano rendersi promotori di nuove forme di apprendimento in specifici ambiti di competenza.

Si parla infatti di reverse mentoring oggi per indicare la capacità che risiede nei millennials di condividere con i senior le proprie conoscenze e abilità sull’uso delle tecnologie, internet, social media, dispositivi di comunicazione, contribuendo in questo modo a colmare il gap tecnologico presente in azienda promuovendo una conoscenza diffusa delle tecnologie digitali. 

Per poter rendere questo scambio reale e proficuo il segreto è abbattere i pregiudizi che vedono i giovani troppo giovani per poter insegnare qualcosa, e gli adulti troppo adulti per poter imparare o condividere conoscenze utili. Come allora dar vita a questa nuova relazione del sapere aziendale?
Abbandonando la casualità dell’incontro attraverso sistemi formali, pianificati di confronto. Niente paura allora se l’impiegata amministrativa di 50 anni, il capo di 62, la segretaria di 43, la stagista di 24 e l’apprendista di 22 imparano insieme: perché è proprio nello scambio bi-direzionale, il vero significato e valore del reverse mentoring.

Non si tratta quindi di mettere in discussione ruoli o esperienze pluriennali acquisite dai senior nella loro vita lavorativa, ma di aprire canali di comunicazione adatti a fare arrivare queste esperienze ai junior valorizzando al tempo stesso un processo di scambio reciproco, dove i giovani nelle aziende diventano portatori sani del gene del touch screen, e accompagnano l’organizzazione nel processo di trasformazione digitale.

E nel contempo i senior, guidano, con la loro esperienza, i junior e tutta l’organizzazione verso il cambiamento formando la leadership del futuro. La capacità dei millennials di essere flessibili e adattarsi ai cambiamenti con facilità, oltre alla loro attitudine digitale, sono centrali oggi per le aziende.
L’obiettivo non è solo quello di tenere aggiornati i lavoratori senior, ma anche quello di innescare nei più giovani nuovi modelli di leadership, attraverso il confronto continuo.

Se le aziende riescono a fare questo cambio di prospettiva, cioè sostenere lo scambio generazionale dei saperi, diventa veramente possibile rendere concreto e continuo un apprendimento reciproco, uno scambio di valore che nasce dal fatto che ognuno, reciprocamente, riconosce nell'altro e in sé stesso e simultaneamente, il "maestro" e l'"allievo".

Da un'articolo di Renato Boccalari, Senior Advisor Human Capital di GSO Company, su HR online.